Replying to La Venere di Urbino

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  1. Posted 26/3/2012, 22:58
    la_venere

    Anna Filipponi

    La “Venere di Urbino” di Tiziano.
    Datazione: 1538.
    Luogo di conservazione: Galleria degli Uffizi, Firenze.
    Olio su tela, 1,19 x 1,65 m.

    Era una consuetudine del XVI secolo che i signori delle città commissionassero ad artisti celebri, come senza dubbio fu Tiziano, un ritratto delle loro mogli. Questo dipinto in particolare, che fa sicuramente parte dei dipinti più famosi dell'artista, fu dipinto nel 1538 per Guidobaldo II della Rovere, duca di Camerino e più tardi di Urbino. Il soggetto riprende chiaramente quello ritratto da Giorgione nella sua “Venere dormiente”, dipinta tra il 1505 e il 1510: il richiamo a quest'ultima, infatti, è presente sia nel letto su cui la donna giace, coperto da lenzuola candide e da una trapunta rossa, sia nella posizione assunta, distesa con le gambe incrociate e la mano sinistra appoggiata sul pube. Diversamente da quella, però, non dorme, ma con gli occhi aperti fissa dolcemente lo spettatore. Un'altra differenza è certamente il luogo in cui le scene ritratte si svolgono: mentre la Venere di Giorgione riposa in uno spazio aperto, quella di Tiziano si trova in una stanza di un tipico palazzo signorile. Inoltre, la giovane donna ritratta da Tiziano, con i tratti somatici ben individuati, è di una bellezza umana e sensuale, lontana dalla bellezza idealizzata dipinta da Giorgione, che appare casta e sognante. Ella, con il capo sollevato, lo sguardo invitante e i capellli sparsi sulla spalla sembra essere consapevole della sua bellezza seducente. Entrambi gli artisti hanno utilizzato solo il colore per definire le forme dei corpi ma, se Giorgione ha impiegato toni abbassati e uniformi, Tiziano ha usato colori vivi e contrastanti, che si esaltano reciprocamente.
    Il quadro rappresenta un'allegoria del matrimonio e doveva servire come modello “didattico” per Giulia Varano, la giovane moglie del duca: l’erotismo evidente del dipinto, infatti, doveva ricordare alla donna i doveri matrimoniali nei confronti dello sposo. Nell'opera è dunque molto frequente la presenza di elementi simbolici: il cagnolino ai piedi del letto, per esempio, allude sicuramente alla fedeltà coniugale; in fondo alla stanza, poi, appoggiata sul davanzale di una finestra da cui si intravede il paesaggio esterno, è una pianta di mirto, attributo di Venere, che simboleggia l'amore eterno. Dietro il letto, infine, si trovano due serve, l'una intenta a cercare qualcosa in una cassapanca istoriata (forse nuziale) e l'altra, in piedi accanto alla compagna, che regge su una spalla delle vesti sontuose.
    Un'altra opera che ritrae una bellezza femminile fortemente mitizzata e destinato all'ambiente delle corti è “Danae”, dipinta tra il 1545 e il 1546 e conservata a Napoli, al Museo Nazionale di Capodimonte. La donna, secondo il mito narrato nelle “Metamorfosi” di Ovidio, fu una delle amanti di Giove: ella è qui rappresentata, con intenso vigore plastico, nuda sul proprio letto in attesa della fecondazione della pioggia d'oro divina che cade dall'alto. I colori, dai toni bruni e dorati, rendono viva la scena, scandita da abili effetti chiaroscurali. Il naturalismo con cui viene sapientemente descritto il corpo della donna e i particolari del letto rivelano, anche qui, un'atmosfera di grande sensualità.

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